DA CORVETTO



Pubblichiamo un racconto che i compagn* di Corvetto sono venuti a condividere con noi nella scorsa assemblea. Ci sembra utile per capire le emozioni che in questi giorni stanno attraversando diversi quartieri popolari di Milano. 
Soprattutto vuole essere un attestato di solidarietà a tutte quelle realtà che stanno subendo questa infame repressione da parte delle istituzioni:



Milano, quartiere Corvetto
 13 novembre 2014

Alcuni occupanti delle case popolari del Corvetto scendono per strada, di sera, per capire insieme come resistere agli sgomberi; sono presenti anche abitanti del quartiere Trecca che portano le emozioni vive della giornata trascorsa. Si allestisce un banchetto con qualcosa da bere e si comincia subito a parlare. Ci sono uomini e donne di diverse parti del mondo con bambini più o meno piccoli, altri che han lasciato a casa i figli, ribelli che da più o meno tempo sono attivi nel quartiere sul tema della casa come sulla lotta al tav o contro il carcere, bambini e bambine, ragazze e ragazzi. La cosa che li accomuna e per cui sono usciti di casa quella sera, è il fatto di vivere in case occupate nella zona e la voglia di conoscersi per poi potersi organizzare insieme. Le voci si sovrappongono concitate, tante storie, tanta voglia di raccontarsi che si fa quasi fatica ad ascoltarsi, tanta rabbia e tanta gioia nel vedere che si è in molti a voler resistere insieme. Le fanciulle dei cortili scrivono su un pezzo di tela: “occupare per vivere, resistere agli sgomberi”. Dare un ordine al discorso è quasi impensabile, l'emozione è troppa per ipotizzare un susseguirsi di interventi e proposte, e questo sentimento inonda le vie del quartiere. Non abbiamo un megafono, per cui si decide di gridare forte e tutti insieme. Si grida “tutti uniti per la casa”, ma si canta anche “gli unici stranieri gli sbirri nei quartieri”. Alcune donne traducono i cori in arabo: si capisce che insieme siamo forti e che “gli sbirri paura non ci fa”. Il fiume si gonfia e si trasforma in una vera piena, ingrossato dalle piogge inattese di occupanti che scendono dalle case e di chi, invece, rispondendo dalle finestre dei palazzi, ci restituisce il turbine che gonfia i nostri polmoni. Il chiasso attraversa tutte le vie di case popolari, decidendo insieme a ogni incrocio da che parte proseguire. Una pattuglia di polizia locale si trova costretta a fare retromarcia quando, svoltando da una curva, si trova incalzata da una folla impetuosa. La luce fredda e intermittente dei lampeggianti è in quel momento l'icona del comune nemico e stride con il calore delle relazioni improvvise che via dopo via ci travolgono.  Ci si spinge fino a piazzale Corvetto e ci si ferma in mezzo all'incrocio a bloccare il traffico per un po'; infine si ritorna verso il quartiere, verso casa, dove ritroviamo il banchetto esattamente come lo avevamo lasciato. Nella piazza del mercato comunale un'ultima pattuglia di vigili si trova costretta a cimentarsi nella solita “manovra fantastica” circondata dai bambini che si spingono a battere con le mani sul cofano della volante al coro di “via via la polizia”. Nessuno di noi riesce a togliersi il sorriso dalle labbra, è un po' come vedere negli occhi della persona che cammina di fianco a te, con cui magari solo quella sera hai scambiato le prime parole, quello che cercavi da tempo. Siamo stanchi, ma siamo contenti. Per qualche ora si è abbandonata la rassegnazione per la tenacia, la paura per il coraggio.
Domani ci aspetta un'altra giornata di lotta: c'è uno sciopero di sindacati, operai e studenti e si decide di muoversi tutti insieme dal quartiere, anche con gli studenti dell'istituto tecnico della zona.